SI PUÒ FARE! 31 Ottobre 2021 – Pubblicato in: imperfezioni

È il 1903, siamo in California, è notte e sta piovendo.
La Signora Cornish è in ospedale. Urla. Stringe i denti. Si dimena.
No. Non è matta. Sta mettendo al mondo un bambino.

È la mattina del 21 dicembre quando il piccolo Robert viene al mondo.
Urla. Stringe i denti. Si dimena.
Matto?
No… Ma un po’ stranello.
«Bruttino» dice la Signora Cornish guardando quel mucchietto di pelle che ha tra le braccia.
«Sì, non un granché.» conferma l’ostetrica.
Nonostante l’oggettiva mancanza di grazia estetica e l’acuto strabismo divergente che restituiva l’idea di una mente poco brillante, Robert E. Cornish fu un bambino prodigio. A 18 anni si laurea con lode all’Università della California e a soli 22 anni completa il dottorato di ricerca. Niente male, Robert. Eppure qualche segno che tutto centrato non fosse già c’era.
Tipo?
Beh, sappiate solo che spese non poco tempo e altrettante energie in un progetto per la creazione di un paio di lenti che permettessero di leggere il giornale sott’acqua. Persino io ho avuto idee migliori. Poi, però, l’intuizione, il lampo; la chiamata! La grande sfida di ogni scienziato che vuole giocare a fare Dio!
L’intelligenza artificiale?
Intelligente sì, ma non così lungimirante, lo abbiamo detto.
Ebbene?
Vincere la morte!
Oh! Come?
Con un’altalena.
Ah.
Già. Ma lasciatemi spiegare, suvvia.

Nel 1932, a ventisette anni, Cornish comincia ad essere letteralmente ossessionato dall’idea di riportare in vita i morti. Mette quindi a punto una tavola basculante a cui legare il cadavere da rianimare.
«facendolo muovere in su e in giù, mi aspetto una circolazione artificiale del sangue.»
Bravo!
Anni ’30 abbiamo detto; anni lontani da quell’epoca in cui i “rianimatori di cadaveri” si inoltravano nei cimiteri con lanternino e pala per riesumare corpi freschi su cui sperimentare. Ma Robert, oltre che brutto, creepy e intelligente, era anche un gran testardo; un tenace; una nave rompighiaccio; un indomabile schiacciasassi, un…
Va bene, basta.
Ok. Dicevamo: ma Robert, oltre che brutto, creepy e intelligente, era anche un gran testardo e riuscì comunque a testare la sua altalena su cadaveri morti per attacchi cardiaci o morti annegati oppure folgorati.
E?
Nonostante il gran daffare, sbatti di qua e sbatti di là, nessuno di essi tornò in vita. Eppure…
Eppure?
Eppure, in un rapporto confidenziale per l’Università della California, Cornish segnalò che, dopo un’ora passata a basculare il cadavere di un uomo, il suo volto si era riscaldato -il volto del morto, si intende, ma con tutto quell’agitare son convinto che anche quello di Robert un po’ arrossato si fosse fatto-, che gli occhi erano tornati a brillare e che soprattutto si potevano osservare delle deboli pulsazioni in prossimità della trachea.
Ah…
Eh! Il caro Robert allora, galvanizzato da questi risultati, decise di mettere a punto il proprio metodo sugli animali. Nel 1934 inizia così gli esperimenti che gli avrebbero dato la fama e, a farne le spese, furono cinque piccoli, belli, pelosi, purissimi fox terrier.
Ma…
Già. Proprio così. Lazarus I, Lazarus II, Lazarus III, Lazarus IV e Lazarus V, uccisi asfissiati con una miscela di azoto ed etere.
Un minuto di silenzio per i pelosetti, per cortesia.

Dichiarati clinicamente morti, i cani venivano poi sottoposti alle tecniche sperimentali di rianimazione che, oltre al classico basculamento sull’altalena, ora prevedevano delle iniezioni di adrenalina ed eparina mentre lo stesso Cornish soffiava dell’ossigeno con una cannuccia nella bocca del cane morto.
Lazarus I, II e III non ne vollero sapere di tornare tra le grinfie di quel bastardo e s’imposero di rimanere morti. Ma ecco che, nel 1934 e 1935, con Lazarus IV e Lazarus V, qualcosa cambia.
Non ci credo…
Nemmeno Robert probabilmente, eppure i due piccoli, belli, pelosi, purissimi fox terrier ripresero conoscenza e ritornarono a respirare e a vivere! Certo, i danni cerebrali subiti erano irreparabili: erano completamente ciechi e non riuscivano a stare in piedi da soli, eppure erano vivi.
La stampa fa festa, l’opinione pubblica freme, la comunità scientifica è in delirio, Hollywood ovviamente fiuta il business e nel 1935 realizza uno scempio di film chiamato Life Returns, ispirato proprio alle ricerche di Cornish e in cui lo stesso Cornish compare in una scena nei panni di se stesso mentre esegue dal vero uno dei suoi esperimenti di “rivitalizzazione” di un cane.
Dove posso vederlo, maledizione?
Ma che ne so, cercatelo in streaming. Comunque, Cornish pensò che l’esposizione mediatica gli avrebbe garantito maggiori fondi e più libertà, e invece accadde l’opposto. Gli esperimenti, inutile dirlo, erano un po’ estremi, violenti persino per la sensibilità del tempo; gli animalisti, tra l’altro, già esistevano ed erano belli agguerriti, e così l’Università della California decise di bandire Cornish dal campus.

Ma Robert, oltre che brutto, creepy e intelligente, era anche un gran testardo; un tenace; una nave rompighiaccio; un indomabile schiacciasassi, uno che se ha in testa qualcosa vai tranquillo che in un modo o nell’altro la porta avanti.
E quindi?
E quindi si ritira nella sua casa di Berkeley, per tredici anni, e crea un laboratorio nel suo garage. Con i vicini va abbastanza d’accordo.
«Saluta sempre, anche se è un po’ brutto con quegli occhi, poveretto, ma ogni tanto qualche pecora o qualche cane gli scappa dal garage e poi, questo ve lo devo dire, da lì, oltre che le bestie, ci escono anche dei vapori che puzzano e che mi hanno scrostato la vernice della facciata. Io l’ho già detto al comune, che me la paghi lui la pittura nuova, non si…»
Va bene Signora, basta così, grazie per la preziosa testimonianza.
Insomma, Robert sta in garage per tredici anni, notte e giorni, tra capre soffocate e fumi che scrostano la vernice, fino a che, nel 1947, eccolo ritornare sulla ribalta!
Ci riesce stavolta?
Un po’ di pazienza!
«Stavolta ce la faccio» dice Robert mostrando una macchina cuore-polmoni composta dall’aspiratore di un aspirapolvere, dal tubo di un radiatore, da una ruota d’acciaio, da alcuni cilindri e da un tubo di vetro contenente 60.000 occhielli per lacci da scarpa. La notizia un po’ originale non ha bisogno di alcun giornale, come una freccia dall’arco scocca e vola veloce di bocca in bocca.
Ma è…
Si, Bocca di Rosa, ma non c’entra niente. Ecco che la freccia arriva sino nel braccio della morte di San Quintino e s’infilza dentro a Thomas McMonigle, condannato per l’omicidio di una ragazzina, il quale prontamente offre il proprio corpo per una possibile rianimazione dopo l’esecuzione.
Lo Stato della California rifiuta però questa richiesta, preoccupata per il fatto che, se davvero fosse tornato in vita, sarebbe dovuto tornare in vita da uomo libero in quanto, per la legge americana, nessuno può essere processato due volte per lo stesso crimine. McMonigle dunque, il 20 febbraio 1948, entra nella camera a gas di San Faustino. Muore e non fa più ritorno.

Con quest’ultima sconfitta, Robert, che era sì brutto, creepy e testardo, ma era anche intelligente, capì che la propria ricerca non aveva più alcuna possibilità di continuare e dunque decise di ritirarsi nuovamente a vita privata.
A fare cosa?
Per il resto della sua esistenza Robert si guadagnò da vivere vendendo un dentifricio di sua invenzione, il “Dentifricio del Dottor Cornish”, poi è morto improvvisamente e definitivamente nel 1963.
E la vicina?
Ha la vernice ancora scrostata, ma vedeste che denti bianchi.



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