Oltre i confini del corpo 9 Gennaio 2013 – Pubblicato in: imperfezioni

Issey Miyake non vede imperfezioni in un tessuto spiegazzato. Ne esalta piuttosto le potenzialità elaborando l’eleganza delle pieghe, ne reinventa l’architettura. Sistematizza il plissè in modo permanente e lo adatta morbidamente alle linee del corpo. Oltrepassandone, irriverente, i confini.

 

Issey Miyake (1938) è una vera leggenda vivente. Cresciuto in Giappone, si abitua ben presto a concepire la realtà come plasmata dalla costante dicotomia tra cultura orientale e occidentale.

Trasferitosi a Parigi, lavora per Guy Laroche e Givenchy prima di fondare il suo studio a Tokio nel 1970 e presentare la prima collezione a New York, un anno dopo.

Il suo processo creativo è incentrato sulla necessità di reinventare il rapporto tra corpo umano e abiti che lo rivestono, sul significato dello spazio che tra essi si interpone e le affascinanti forme che ne conseguono.

Le creazioni di Miyake sono fortemente legate a un’incessante ricerca e sperimentazione tecnologica, allo sviluppo di idee e materiali innovativi, alla definizione di silhouettes ogni volta più ingegnose e imprevedibili. Ne sono un esempio la linea di abiti che possono essere ripiegati come un origami o quelli che si estendono giocosamente ben aldilà del corpo.

Le sue collezioni da sempre spingono il fashion design a confrontarsi con ardite sfide tecnologiche, senza mai recidere il forte legame con le tradizioni giapponesi.

 

 L’influenza di Irving Penn

Nel 1983, le creazioni di Miyake vengono incredibilmente reinterpretate dagli scatti del fotografo americano Irving Penn, per un servizio su Vogue America. Il punto di vista che questi offriva sul lavoro del designer giapponese appariva assolutamente inedito. Con la loro attraente tridimensionalità e qualità scultorea, gli abiti di Miyake avevano suggestionato le inquadrature esperte di Penn spingendolo a guardare oltre il visibile.

Benché provenissero da culture e mondi diametralmente opposti, si stabilì tra loro una relazione visiva che ha coniugato il loro lavoro dal 1987 al 1999, dando luogo a un linguaggio fatto di intuizione profonda, costruzioni dinamiche e suggestioni reciproche.

I due artisti hanno sempre preferito lavorare l’uno distante dall’altro, per lasciare intatta l’essenza della creatività di ciascuno e non intaccarne la visione personale. Ma l’influenza reciproca emergeva di volta in volta con una bellezza sempre più suadente, e negli scatti di Irving Penn protesi a trasformare dei semplici abiti in arte tangibile, Miyake ha sempre riconosciuto il suo desiderio inconscio di creare una determinata immagine farsi vivo e finalmente reale.

 

 Pleats Please

Alla fine degli anni 80, Miyake viene per caso attratto da un bellissimo fazzoletto di stoffa stropicciata, e intuisce la possibilità di rivoluzionare il concetto della piega: da appannaggio degli abiti opulenti dell’antichità a modo di vestire del vivere quotidiano.

Nascono così le iconiche collezioni Pleats Please (1993), in poliestere di altissima qualità: una perfetta fusione d’arte, alchimia high-tech e design nipponico d’avanguardia.

La leggera architettura della plissettatura si adatta morbidamente al corpo, permettendo un’ampia libertà d’espressione e movimento e, inoltre, consente di riporre abiti e accessori in valigia o nei cassetti senza mai sgualcirli, rendendoli estremamente pratici e versatili a dispetto della loro apparente complessità.

Ogni abito viene ricavato da un unico pezzo di stoffa che è quasi tre volte più grande del capo d’abbigliamento finito; dopo le fasi di taglio e cucitura, viene inserito tra fogli di carta e passato manualmente in un sistema automatico di pieghettatura verticale a caldo, che consente di ottenere effetti visivi e forme architettoniche ogni volta diversi.

La comunicazione strategica che, da circa vent’anni, accompagna questo brand leggendario con brochures, free-cards, posters (Ikko Tanaka) e advertising (Taku Satoh Design) dal taglio accattivante e un pò demistificatorio è a dir poco geniale. I visuals pubblicitari si avvalgono, infatti, di un linguaggio grafico che tende simbolicamente a superare qualsiasi barriera culturale con l’obiettivo di rendere accessibile Pleats Please a tutti i tipi di consumatori.

 

Un infallibile e intelligente connubio di design, tecnologia e marketing a cui, da poco, Taschen ha dedicato un’imperdibile monografia.

 

 

 

Link consigliati

Issey Miyake

A Visual Dialog

Monografia

Issey Miyake, Pleats Please, 2012, Taschen



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