Sorelle 22 Maggio 2014 – Pubblicato in: interferenze

natale con icaA dispetto del verde cognome, Eva ha labbra rossissime e occhi di rara azzurrezza. Schiude le prime per dirmi che mi ama da quando mi ha visto, chiude i secondi per regalarmi un suo bacio. Proprio in quell’istante, quello in cui sto per limonare Eva Green, mi sveglia mia sorella con la solita vociaccia indelicata.

Sono risvegli che già di per sé, così improvvisi, mi levano un battito al cuore. Ma questo è peggio: mia sorella mi sveglia con una notizia. Se ne va di casa, va a convivere: il cuore salta un altro colpo.

Il mio primo pensiero –chissà perché- è per la mattina di  Natale. Non ci alzeremo più alla stessa ora aspettandoci in cima alle scale, per scartare insieme i regali. Mi frulla in testa un frammento di Testori, tanto splendido quanto decisamente iperbolico per l’occasione, visto che lo pronuncia una donna che ha perso il fratello causa morte, e mia sorella invece va solo a stare in via Oglianico:

Era finito tutto. La tuttità della vita della speranza dei re magi delle feste del carnevale, poi poteva arrivare solo il peggio peggiorissimo di tutta quanta la vita

Decisamente troppo. Eppure anche a me sono venute subito in mente le feste.  E a mia sorella pure, a quanto dice.

Il secondo pensiero è più calmo, ed è che questo evento segna certamente una tacca al tempo della vita, anche della mia. Come quei cartelli “Arrivederci” quando ti lasci alle spalle una città. Niente più vicina di stanza. Niente più vociaccia indelicata per svegliarmi. Allora mi sembra di capire che queste tacche, che misurano il crescere o l’invecchiare, siano perlopiù successive perdite / mancanze.

processione striscia La scena iniziale del nuovo spettacolo di Emma Dante trasmette questo senso meglio di qualunque parola. E’ una processione rapida e marciata da una decina di personaggi, che si perdono a poco a poco per strada. E la processione si fa sempre più esigua, fino a che restano a marciare in due. Come accade alle foto di famiglia, che si stringono d’anno in anno per lo sparire dei bisnonni, dei  nonni, dei fratelli (che ricompariranno in altre foto di altre famiglie) e alla fine non restano che i genitori, soli nella grande casa vuota. Pare sia una legge cosmica, dalla densità alla dispersione, dalla vicinanza indistricabile alla più lontana solitudine.

Immagino un controluce, abiti scuri e un cammino. Una famiglia in movimento che entra ed esce dal buio

striscia sorelle

 Si chiama “Le sorelle Macaluso”, lo spettacolo di Emma Dante. Ci sono sette sorelle orfane in proscenio, e una di loro muore nuotando. Dunque si sposta in fondo alla scena, e continua a nuotare. Tra le sorelle riemergono allora ricordi che hanno la forza di persone  vive. Come se le persone vive potessero avere la stessa forza dei pensieri.  Prima il loro papà, vedovo, che ne raccoglie le accuse. Poi la mamma, morta, che consola il marito e lo culla. E insieme si spostano in fondo alla scena, stretti in un abbraccio infinitamente roteante. Una delle sorelle Macaluso ha anche perso un figlio, morto mentre giocava a pallone. Ed eccolo apparire tra loro, palleggiare, cadere, dimenarsi, e di nuovo giocare. Anche lui si sposta sul fondo. L’ordine degli eventi non c’entra col tempo: si tratta di collegamenti costruiti su richiami molto più profondi e fluidi. E tra morti e vivi, tra presenti e assenti non c’è che un labile confine di luce. Infine la sorella più grande intuisce che è il momento anche per lei di andarsene. Si veste come la ballerina che non è mai diventata, e danzando si sposta sul fondo.  Mi sembra molto giusto, perché sul nostro cammino di perdite non lasciamo solo cose e persone reali, ma anche possibilità di noi, battiti del cuore mancati, labbra rossissime non baciate e sogni indelicatamente interrotti.

Vedo i sogni rimasti sospesi tra le ombre e la solitudine e vedo gli estinti stare davanti a noi con disinvoltura

striscia morti

Le sorelle Macaluso è uno spettacolo struggente, dove io vedo tutto questo e la mia vicina che ora singhiozza nel buio vede tutt’altro. Il teatro che dovrebbe essere sempre, quello che tocca dei nodi sottopelle, altri ne crea e altri ne scioglie. A me ad esempio basta guardare il quadro finale, per capire quanto la mia idea di una vita misurata sul perdere fosse del tutto sbagliata. Sul davanti, schierate, immobili, oscure, le sorelle superstiti

uno stormo di uccelli sospesi tra la terra e il cielo. In confusione tra vita e morte

Mentre sul retro, in una luce più calda, le cose perdute danzano, si amano, giocano, nuotano, in una vivacità senza fine che ha l’energia dell’eternità.

Così viene il terzo pensiero, quello buono. Cioè che non perdiamo pezzi. Anzi inevitabilmente accumuliamo: cataste di incontri, cataste di sogni e scelte, e siamo alla fine così zeppi di ricordi da diventare noi stessi ricordi. Come quelli che mangiano tanti pomodori e perciò sono rossi:  una metamorfosi labile attraverso un confine di luce, molto meno netta del morire o dello sparire.

Quello che volevo raccontare, è l’impossibilità di morire

O di dimenticare, aggiungerei: d’altronde morte e oblio sono due parole che si somigliano. Ma se stiamo pascolando nel giardino dei futuri ricordi, e se dobbiamo invecchiare pesanti di tanta memoria, tantovale lavorare sulla qualità di quello che mettiamo via. Che siano cose preziose, e non cicatrici. Non vuol dire altro che dar valore al tempo presente: e ciò che viviamo danzando, continuerà poi sempre a danzare.

striscia genitori

…vi dovete volere bene…e non dovete mai smettere di ridere, di ballare e di cantare…e ogni tanto vi dovete sciogliere i capelli, sbottonare la camicia e mettervi un po’ di rossetto…e basta

Credo che niente renderà così bello il prossimo Natale quanto il ricordo di quelli passati, ad aspettare di esserci tutti in cima alle scale. Credo che niente lo renderà così bello come sapere che c’è un albero in più, e una casa in più dove posso entrare a portare un regalo. Così che anche io, in questo mondo stracarico, sarò un po’ meno solo.

Ma ritorno alle cose concrete, perché dal mio brusco risveglio ho avuto già tre pensieri prolissi, e mia sorella nessuna risposta.

“Me ne vado di casa. Vado a convivere”

“Beh? Lasciami dormire”

E richiudo gli occhi, nella speranza che almeno stavolta la mia Eva fuggente si lasci riacchiappare.

Non siamo mai stati di grandi parole tra noi, io e mia sorella. E quelle poche che scambiamo, non sono solenni né tantomeno tradiscono affetto. Perciò mai e poi mai potrei dirle cose come:

  • Sono felice per te
  • In bocca al lupo
  • Mi mancherai

 

eva green sogno
Eva Green nel mio sogno

APPROFONDIMENTI:

Le sorelle Macaluso è uno spettacolo scritto e diretto da Emma Dante, che ha debuttato al Mercadante di napoli il 22 gennaio scorso e ha concluso il 18 maggio al Piccolo Teatro di Milano una tournée italiana che l’ha portato a Roma, Reggio Emilia, Fano, Palermo, Torino. Il debutto internazionale è fissato per l’11 giugno a Sibiu, in Romania. La citazione di Giovanni Testori è tratta da “Passio Laetitiae et Felicitatis”, spettacolo visibile integralmente nella versione diretta da Valter Malosti cliccando qui. Eccettuata la prima, tutte le citazioni riportano dichiarazioni della regista Emma Dante. L’ultima, invece, è una battuta tratta dal suo spettacolo. La fonte scientifica che mi informa che un uomo che mangia pomodori diventa rosso, è il telefilm Scrubs



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