Arte al punto G. 16 Marzo 2017 – Pubblicato in: interferenze

BestieDiScenacopertina
Marzo è un mese che ne capitano, di cose. Ad esempio: Banksy ha aperto un hotel a Betlemme, Emma Dante ha debuttato con il suo spettacolo Bestie di scena e io sono andato per la prima volta all’Ikea. Tre avvenimenti che sembrano essere completamente scollegati, ma a ben guardare non c’entrano una mazza l’uno con l’altro. Se non per il fatto che ho imparato qualcosa. Andiamo con ordine.

IKEA
All’Ikea mi ci ha portato G., un po’ ingannandomi e un po’ promettendomi del cibo. Una volta entrato, ho capito almeno due cose:
a) Che è un po’ meno peggio di come la immaginavo: ci sono cose per tutti i gusti.
b) Che io e G. abbiamo gusti opposti. A me piace lo stile country, a lei il minimal, a me i colori, a lei le cinquanta sfumature del nero, a me la moquette, i tappeti, le carte da parati e in generale tutto ciò che può dare asilo agli acari, a lei no. Lei ha i suoi gusti, io no. Ma chissenefrega: tanto viviamo in case diverse (credo sia questo il segreto del nostro idillio).

BANKSY
Il Walled off Hotel di Betlemme è arredato con certi pezzi che né io né G. ci metteremmo in casa. Letti di velluto rosso, divani zebrati, ritratti di Gesù sofferente, vecchie telecamere rotte appese alla parete. Per giunta la vista è la peggiore del mondo: il grande muro costruito da Israele nel 2002 per proteggere il confine dai palestinesi.

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E’ stato Banksy, il rivoluzionario artista britannico, ad arredare il Walled off Hotel e a lavorare insieme ad altri artisti per conferirgli il suo aspetto dirompente. Le opere che vi sono all’interno raccontano moltissimo di quel luogo, della sua spiritualità antica, delle sue emozioni contrastanti, dello stato attuale del mondo e dei suoi conflitti (i muri e le barriere razziali non sono mica solo un problema mediorientale). Così troviamo l’ascensore murato (l’ONU in un suo rapporto sottolinea l’ansia dei palestinesi che non sanno quali e quanti varchi potranno attraversare), la natura morta in gabbia (il muro ha diviso molti palestinesi dai loro campi e dalle fonti d’acqua, impedendo loro di raggiungerli), il soldato e il guerrigliero che si battono a colpi di cuscino, e così via…

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Il walled off è un hotel, non è una mostra. Alle mostre, specie a quelle di arte contemporanea, trovi due categorie di pubblico:
1) i sempliciotti: quelli che usano la stessa facoltà (il gusto soggettivo) e gli stessi aggettivi (bello/brutto) di quando vanno all’Ikea. Dicono “è bello perché mi piace” “non mi piace perché è brutto”. Come se dovessero scegliere se quella tal opera sta bene in soggiorno.
2) Gli snob: quelli che all’Ikea non ci vanno, perché “la qualità la paghi”. Gli stessi che che comprano la maglia di marca senza chiedersi se è in lana o in cotone, quelli che “spegni la tv accendi un libro” ma non precisano quale libro (per cui si rischia che un ragazzino spenga un documentario sugli animali e accenda il Mein Kampf). Ecco, questa categoria di solito guarda più le targhette che le opere, perché bisogna capirle, e ne valutano il valore in base alla spiegazione, alla firma o al prezzo.
Negli hotel, invece, trovi la gente che vive. Il Walled off hotel non vuol essere bello o brutto: non è quello il punto. Vuol essere vissuto. Non ha bisogno di spiegazioni, né per il senso né per le emozioni: risuona in chiunque abbia la sensibilità di ascoltare.

EMMA DANTE
Intanto, al Piccolo di Milano, ha debuttato l’attesissimo “Bestie di scena”, spettacolo con 7 uomini e 7 donne nudi sul palco, che si muovono senza parlare, senza una storia, senza una scenografia. Senza istruzioni, senza una spiegazione, senza un appiglio. Non sono nemmeno attori, ha spiegato Emma Dante, e non recitano: sono liberi di fare quel che vogliono e reagire spontaneamente agli stimoli: insomma vivono e basta.

bestie-di-scena-striscia

Secondo alcuni “Bestie di scena” è una riflessione sul ruolo dell’attore, per altri una metafora della condizione dell’uomo moderno: le interpretazioni sono state tante, e sensate. E tantissimi i commenti, le reazioni, le ribellioni, le lettere aperte alla regista. Non per dire: “mi piace” o “non mi piace”, ma per discutere sulla funzione dell’attore, sul rispetto che gli è dovuto e il potere che gli è conferito, sulle possibilità del teatro di significare la realtà, ecc… Insomma, nell’epoca in cui il teatro non interessa più a nessuno, si è dibattuto e pensato tantissimo (si è persino litigato) per effetto di uno spettacolo. E questo, a mio modesto avviso, basta per dire che “Bestie di scena” coi suoi corpacci sudati e i suoi bofonchi, è un’opera d’arte.

Non sto dicendo la banalità (in cui credono ancora in molti) per cui è arte ciò che scandalizza. Ricordo con stupore quella volta in cui, attirato forse dal cibo del rinfresco, entrai in una galleria e vidi un’anziana coppia di benestanti/benpensanti informarsi sull’acquisto di una serie di grossi “piselloni” in vetroresina. Evidentemente avevano imparato che pene=scandalo=arte=buon investimento=bei soldoni. E dunque. siccome ai benestanti/benpensanti piacciono i soldoni, si fanno piacere di buon grado anche il pene.

pene striscia

Sto dicendo invece quello che ho imparato a marzo. E cioè che ognuno ha i suoi gusti, ma siccome ce li abbiamo tutti è molto poco interessante discuterne (a meno che non si debba arredare casa insieme).
Ognuno di noi però ha anche qualcos’altro, in comune. Qualcosa di ben più profondo del gusto, che io non so come si chiami. Un punto g emotivo, che se toccato produce riflessione, che vibra e reagisce spontaneamente in presenza di un certo stimolo (come avviene per le bestie di scena, a patto di abbandonare le difese e il copione).
L’arte vera, credo, si distingue perché sa produrre questo stimolo. Si distingue con certezza, perché funziona anche senza istruzioni.

Tutto il resto mi piace o non mi piace, chissenefrega.
Tutto il resto è Ikea.

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E' possibile vedere "Bestie di scena"  al Piccolo di Milano fino al 19 marzo 2017. Qui il link per acquistare i biglietti


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