Il ragazzo che voleva fare il pilota 26 Settembre 2018 – Pubblicato in: imperfezioni

C’era una volta un ragazzo che aveva dei bellissimi occhi azzurri. Tutti gli dicevano “potresti fare l’attore!”, lui sorrideva, in effetti non gli sarebbe dispiaciuto, ma poi scuoteva la testa e tornava alla realtà “ i miei occhi son colorati di cielo, perché è quello il mio mondo: diventerò un pilota!

Si sentiva più uomo, a perseguire progetti realizzabili e non fantasiose chimere: proprio in quel periodo era infatti scoppiata una guerra al di là dell’oceano, gli aspiranti piloti erano una merce molto ricercata, la sua domanda di arruolamento sarebbe stata accolta con entusiasmo.

Chi si sarebbe lasciato scappare uno come lui? Era sano, atletico, dotato di buoni riflessi, molto intelligente e troppo giovane per avere paura. Ma quando si presentò alla visita medica, per quella che credeva sarebbe stata una pura formalità, restò senza parole: il medico gli rivelò che i colori, come li vedeva lui, erano tutti sbagliati, e che un pilota daltonico non poteva esistere.

Ora, se questo fosse una bella favola, di quelle che si raccontano ai bambini perchè sorridano prima di addormentarsi, il nostro eroe non si sarebbe perso d’animo e avrebbe dimostrato al mondo intero che si può pilotare anche se non si distingue il rosso dal verde;

Se questo fosse l’incipit di un romanzo distopico, più in là si scoprirebbe che non è lui che vede male, ma sono tutti gli altri che non sanno cosa siano i veri colori, e il ragazzo nell’ultimo capitolo diventerebbe il paladino di quei poveretti, insegnerebbe loro cos’è un arcobaleno;

Se questa storia fosse uscita dalla penna di uno scrittore beat, vedremmo come la carriera fallita di quest’uomo sia l’emblema del tramonto del self-made man e seguiremmo con angoscia la sua lenta discesa nel tunnel della disoccupazione e infine dell’alcolismo.

Invece questa è la realtà e le cose hanno preso tutto un altro corso: il ragazzo ha combattutto in guerra, ma ha prestato servizio prima come marconista e poi ha anche volato, ma solo come mitragliere, e un brutto, bruttissimo giorno, quando il suo aereo è passato vicino al fungo atomico, uno spettacolo che mai avrebbe voluto vedere e di cui non riuscì più a parlare, è stato quasi contento di non vedere bene il rosso, almeno quello.

Finita la guerra, tornato a casa, si guardò allo specchio: i suoi splendidi occhi, che lo avevano tradito con quella oscura imperfezione, gli ricambiavano uno sguardo di sfida. “Perchè no?”

Si iscrisse a una scuola di arte drammatica, poi andò all’Actor’s Studio, debuttò a Broadway, e in quattro e quattr’otto divenne un divo di Hollywood.

E i suoi occhi, quelli che hanno infranto il suo primo sogno, hanno fatto invece sognare generazioni e generazioni di fan.

In ricordo di Paul Leonard Newman, 26 gennaio 1925 – 26 settembre 2008 (dieci anni fa).

 



« che bella Anna che balla
Di cosa parliamo quando parliamo d’amore. »