Incantesimi di cartone 15 Maggio 2012 – Pubblicato in: imperfezioni

L’ipnotica arte di Chris Gilmour (Manchester, 1973) ci sospende tra illusione e realtà con le sue incredibili sculture in cartone riciclato. Una lettura sottilmente ironica del nostro legame con l’oggetto di uso quotidiano, tramite processi d’arte eco-compatibili.

 

Una laurea in arte a Bristol, la ricerca di materiali insoliti per esigenze espressive e scarsità di fondi, e l’idea di realizzare Cow, una mucca di cartone per ripopolare il country landscape inglese, temporaneamente svuotato dallo sterminio post-mucca pazza. Così è iniziata l’avventura di Chris Gilmour, scultore anglosassone che nel 1997 si trasferisce in Italia per dare vita alla sua personale rilettura della società dei consumi.

 

CARTONE

Il materiale di cui Gilmour sfrutta il potenziale espressivo con grande abilità tecnica è il semplice cartone da imballaggio, intagliato con l’ausilio di un bisturi e tenuto insieme con della colla fissante, ottenendo un imprevedibile equilibrio statico senza l’intervento di ulteriori sostegni. Ma mentre nelle opere giovanili, le superfici e gli effetti cromatici del packaging pulito puntano a un effetto iper-realistico nella riproduzione degli oggetti replicati, oggi egli predilige imballaggi grezzi riciclati che presentano ancora i segni della loro funzione originaria: etichette, strappi e  nastro adesivo segnalano in modo discreto il loro importante messaggio ecologico.

Gli imballaggi, pensati come involucri da smaltire una volta svuotati, subiscono così una traslazione di significato, essendo riutilizzati e trasformati in oggetti che esprimono l’identità concettuale delle sue opere.

Facilmente reperibile, il cartone non è inoltre gravato dal peso di significati culturali e storici attribuibili ad altri materiali ben più nobili. Il che consente nuove dimensioni di lettura dell’opera e la creazione di un linguaggio non elitario accessibile a tutti.

 

SCULTURE

Dagli animali dei tentativi iniziali, Gilmour passa ad una serie di oggetti di uso domestico di piccole dimensioni, con svariate citazioni di oggetti-culto del Design Italiano anni ’50 e ’60 (la moka, la macchina da scrivere Olivetti, la Fiat 500, la Lambretta).

In generale, le opere del primo periodo sono fedelissime riproduzioni appartenenti alla cultura pop e all’immaginario collettivo comune alla sua generazione.

Le opere più recenti, al contrario, sono più grandi e spaziano dagli strumenti musicali, alle biciclette, alle automobili, alle statue, fino ad esempi di architettura religiosa ironicamente dissacrata dall’uso del cartone riciclato.

In alcuni casi, Gilmour sceglie di rinunciare agli incredibili virtuosismi a grandezza naturale degli oggetti scolpiti con estrema dovizia di particolari, per cedere il passo a riproduzioni più crude ed essenziali, a volte lasciate ad uno stadio intermedio come fossero semplici prototipi.

 

 

UMANO

Nei primi allestimenti, le opere venivano contestualizzate tramite l’inserimento di figure umane di cartone, per ricordare il rapporto personale e quotidiano con l’oggetto. Col tempo, l’elemento umano scompare perché superfluo: Gilmour si accorge che il racconto avviene già nella mente dello spettatore, e capisce che gli elementi devono essere minimizzati, per lasciare spazio all’interazione emozionale con l’opera. Le sculture si comportano, infatti, come una tela bianca su cui chi osserva può proiettare i propri ricordi, le esperienze personali e le percezioni legate ai gesti rituali della vita di ogni giorno.

Ed ecco che l’artista riesce a stabilire un legame emozionale tra spettatore e oggetto, tramite un linguaggio dinamico di semplice comprensione, modificato in base alle reazioni del pubblico.

Gilmour si diverte a giocare con i contrasti emozionali, studiando delle sottili provocazioni che tendono a far emergere sensazioni di attrazione o di repulsione istintiva nei confronti dell’oggetto (schiacciare i tasti della macchina da scrivere o evitare di sedersi sulla sedia a rotelle).

La somiglianza estrema con l’oggetto reale induce, infatti, una momentanea confusione in chi osserva:“L’interazione dello spettatore con le opere sembra funzionare come una sorta di corto circuito tra un’azione implicita e l’impossibilità di metterla in atto”. In questo modo, l’attenzione dello spettatore viene istantaneamente catturata.

 

TRANSITORIO

L’intento di Gilmour è quello di riflettere sulla diffusione e sulla transitorietà della cultura contemporanea. Esplorando con sguardo ironico la linea di demarcazione tra reale e illusorio, evidenzia il vincolo ingannevole che stabiliamo con gli oggetti che possediamo: l’espressione della nostra personalità, infatti, è ormai demandata a gadget sempre più tecnologici o a svariati prodotti di tendenza con cui erroneamente tendiamo a identificarci. Nel nostro inconscio gli oggetti dicono chi siamo. E continuiamo a cullarci in questa illusione.

Le sculture di cartone di Chris Gilmour, romantiche e autobiografiche, rivelano un ricco potenziale di narrazione mnemonica e giocando con le nostre percezioni ci stimolano a una più consapevole comprensione del nostro vissuto quotidiano.

 

Sito ufficiale:

 http://www.chrisgilmour.com/



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