Distorsioni emozionali 12 Luglio 2012 – Pubblicato in: imperfezioni
“I had decided I wanted to be an artist after failing at everything else… It’s like I want to learn the future and learn how bad it is. I believe the people who look at my art are willing to face it rather than to avoid it. My work is a meditation on power. But the thing about power is that you can’t play with it without understanding its consequences.”
Considerato uno dei più importanti artisti americani della sua generazione, Robert Longo (Brooklyn, 1953) subisce fin da ragazzino il fascino dei mass-media. Cinema, televisione, riviste e fumetti sono linguaggi di cui assimila in modo indelebile le atmosfere e che, più tardi, conferiranno un’impronta distintiva a tutta la sua produzione artistica.
Pittore, scultore, fotografo e performer video, in oltre trent’anni di carriera ha espresso la sua personalità eclettica attraverso la creazione di alcune tra le opere più carismatiche del mondo contemporaneo.
La sua visione esplora, in uno stile minimalista dall’approccio estremamente critico e provocatorio, il peso di immagini e simboli nel manipolare la cultura popolare. Spesso, lascia emergere una società complessa in cui ciascun individuo è spinto all’isolamento e all’alienazione: da qui il ruvido e violento conflitto per l’affermazione della propria autorità sull’altro.
Iperrealismo
Tracce dell’influenza scultorea, derivata dagli esordi giovanili, si riscontrano nei suoi disegni iperrealistici, solitamente in bianco e nero, le cui linee precise e i forti e crudi contrasti conferiscono alle immagini una qualità quasi tridimensionale. Nelle sue mani la grafite sembra trasformarsi in argilla da plasmare.
Longo proietta le fotografie dei suoi soggetti sulla carta, per poi tracciarne i contorni principali in grafite, tralasciando del tutto i dettagli dello sfondo. La sua illustratrice personale lavora poi sui dettagli della figura creata per circa una settimana, lasciando a Longo l’ultima fase di rifinitura estetica dell’immagine, con grafite e carboncino. L’interazione dei due artisti su ciascuna opera è una forma di sovversione: l’intento è quello di sovrapporre diversi strati di personalità, per spingere l’osservatore a cercare i segni dell’espressività di Longo nascosti sotto la superficie.
Men in the cities
Nell’agghiacciante American Psycho, film tratto dall’omonimo romanzo di Bret Easton Ellis, in una delle scene girate nell’appartamento del serial killer Patrick Bateman, compare una citazione della serie più famosa di Robert Longo. Sono gli imponenti disegni a grandezza naturale tratti da Men in the cities, istallazione emblematica composta da una sequenza ritmica di immagini, con cui l’artista debuttò nel 1979, imponendosi immediatamente all’attenzione del pubblico e della critica internazionale.
Le figure, divenute ormai un’icona della contemporaneità, ritraggono uomini e donne intrappolati in pose dinamiche e contorte. In realtà, non è dato sapere cosa abbia sconvolto e distorto questi corpi, isolati e totalmente decontestualizzati dal loro ambiente. Le posture ambigue e ipnotiche, lasciano spazio a differenti interpretazioni: è come se danzassero con tutte le loro forze la rabbia e il dolore che hanno dentro. Come se si lasciassero andare, inermi, all’azione di forze invisibili che li strattona in direzioni opposte e imprevedibili. O come se, improvvisamente, un proiettile li avesse colpiti con estrema violenza nella loro monotona quotidianità – gli uomini sono in giacca e cravatta, le donne in abito e tacchi a spillo, i capelli lunghi a nascondere i volti – costringendoli in pose goffe e dolorose, a un equilibrio precario che ne destabilizza le certezze.
L’opera, rieditata nel 2009, è stata di recente oggetto di una mostra a Parigi, in cui sono stati svelati gli scatti che l’artista aveva utilizzato come ispirazione per i suoi disegni. Le foto, scattate sui tetti di New York, ritraggono alcuni amici di Longo – artisti come Larry Gagosian e Cindy Sherman – in pose straordinariamente coreografiche: i loro corpi sono colti nell’atto di crollare a terra sotto l’impatto di una forza violenta o di un’agonia improvvisa, mentre il senso di squilibrio è accentuato dal senso di vuoto dato dagli edifici di Manhattan, visibili alle loro spalle.
Cyberpunk e altre storie
Sempre incentrate sui temi del potere e della violenza, sono molto interessanti anche numerose opere successive: Bodyhammers, Monsters e The Sickness of Reason, ritraggono ad esempio una serie di armi da fuoco gigantesche, inquietanti teste di squalo ed esplosioni atomiche con sfumature così oscure e impressionanti da scuotere e indurre inevitabilmente il pubblico a una profonda riflessione sul mondo che lo circonda.
In ambito cinematografico, Longo è famoso per aver firmato la regia di Johnny Mnemonic, film tratto da un racconto cyberpunk di William Gibson, mentre per il mondo della musica ha diretto negli anni 80 diversi videoclip, tra cui Bizarre Love Triangle dei New Order e The One I Love dei R.E.M.
Una curiosità: nel 1987 Robert Longo dirige anche il cortometraggio Arena Brains, tra i cui protagonisti figura un giovanissimo Micheal Stipe (R.E.M.).
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Image credits
Men in the Cities ©Robert Longo – Courtesy in camera galerie