Leri è morto, lunga vita a Leri 24 Marzo 2021 – Pubblicato in: interferenze
“Piccola terra di Leri, la tua lezione è grande. Immersa nel verde della pianura vercellese tu dici all’uomo angustiato da sollecitudini cittadine: questa fecondità non tradisce. Obbediente al ritmo delle ore e delle stagioni, tu insegni la pazienza della storia. Disegnata con un punto nella topografia del mondo tu dici: nessuna cosa è piccola quando il cuore è grande – agli scolari di Leri ricordano Cavour, l’agricoltore di qui, lo studioso e lo statista, nell’anno centenario dell’unità d’Italia.”
L’entusiasmo e la speranza di queste belle parole riposano incise su una targa posta all’esterno della piccola scuola del borgo. Da tempo però, tra quelle spoglie mura, non si sentono le risate degli studenti o la campanella di inizio e fine delle lezioni.
Non si tratta di una storia di avvenimenti eccezionali, di guerra o di malattie: a Leri Cavour, semplicemente, le persone hanno scelto di spostarsi in un centro abitato più grande e moderno.
Questo non significa, però, che nessuno cammini ancora per le sue strade.
L’attività di urban exploration, per gli amici abbreviato in “urbex”, consiste nella ricerca ed esplorazione di strutture, edifici o cittadelle in stato di totale abbandono. Possono essere ville nobiliari, vecchi ospedali, fabbriche, antichi grand hotel, centri commerciali o persino interi paesi.
Difficili da trovare, poco accessibili e pericolanti, queste location un tempo piene di storie di vita quotidiana ora accolgono gruppi di curiosi, fotografi, nostalgici, che in punta dei piedi le cercano affascinati. Ognuno ha le proprie motivazioni: scattare delle fotografie per raccontare la decadenza, cercare segni di una quotidianità lontana decenni, sentire l’adrenalina data dal pericolo di essere scoperti o di trovare qualche fantasma. Ci sono i veterani dell’urbex che non condividono mai gli indirizzi dei luoghi per evitare che questi possano essere deturpati da malintenzionati, quelli che invece cercano di mobilitarsi nella speranza che gli edifici vengano riqualificati, chi fa semplicemente una specie di passeggiata turistica alternativa tra le rovine.
[Villa dell’Oracolo]
Molti siti, purtroppo o per fortuna, rimangono per lo più un segreto. Solo pochi sanno dove si trovano o riescono ad entrarci. Altri sono invece molto famosi, persino geolocalizzati sulla mappa, e le vicende che li circondano sono largamente risaputi, come il parco divertimenti di Consonno, il castello di Sammezzano (assolutamente inaccessibile) e il piccolo borgo di Leri Cavour.
Questi tre sono solo degli esempi, ma l’Italia in particolare è pienissima di posti del genere che talvolta vengono recuperati e riportati al presente, altre volte demoliti, spesso invece lasciati in balia del tempo. E proprio in questi casi, di nascosto, con le orecchie sull’attenti
per captare segnali di pericolo e gli occhi ben spalancati dalla meraviglia dei saloni, gli appassionati di urbex entrano in gioco.
Cosa trovano di così affascinante in stanze vuote o in oggetti polverosi?
[Villa dei Conti]
Ricercano il fascino della storia, ma non quella che si studia a scuola, fatta di battaglie, di date e di nomi da imparare a memoria: la storia di tutti i giorni, semplice e speciale, che non si potrà mai scoprire del tutto, fatta di piccoli momenti dimenticati.
Questi edifici hanno molto da raccontare a chi sa trovarli e rispettarli.
Nell’ottocento la zona di Leri fu la sede dell’azienda agricola della famiglia Cavour, dove proprio il Conte Camillo Benso, al di là della sua carriera nota a tutti, sperimentava tecniche di agricoltura e allevamento all’avanguardia assieme al padre. Nonostante i crescenti impegni lontani dalla sua tenuta, è proprio qui che Camillo tornava spesso, per riposare o pensare, progettando l’Unità d’Italia, invitando amici e colleghi illustri. L’amore per la sua terra era molto importante.
[Aia di Leri Cavour]
Il piccolo paese è rimasto vivo probabilmente almeno fino agli anni sessanta, come si deduce dalla targa commemorativa sulla scuola.
“Questa fecondità non tradisce – tu insegni la pazienza della storia”. Potrebbe sembrare estremamente malinconico leggere queste frasi oggi, quando soltanto i cosiddetti esploratori urbani vagano per Leri. Proprio loro, però, sono la prova che questo paese in un certo senso resiste, continua a vivere. Non è davvero abbandonato se qualcuno lo conosce e in qualche modo ne resta stupito, lo reputa degno di una visita e lo fotografa perché crede non sia giusto lasciarlo nell’oblio. Le persone ancora ne parlano, ne sono affezionate e qualcuno pure si impegna affinché venga salvaguardato. Ecco in che senso quelle parole non sono contraddette dal presente ma restano ancora vere e importanti, quasi profetiche.
“Nessuna cosa è piccola quando il cuore è grande.”