Dixonary 5 Marzo 2014 – Pubblicato in: haiku

tom dixonIn molti sono convinti che le coincidenze non esistano. E in effetti, considerato il modo in cui ha avuto inizio la carriera di Tom Dixon (Tunisia, 1959), a dir poco una leggenda nel mondo del design, ci si potrebbe definitivamente convincere che nulla accade per caso.

Era il 1983, e Londra in piena era post-punk ancora respirava un’atmosfera fortemente influenzata dall’esempio ribelle dei Sex Pistols, con l’ormai serpeggiante attitudine al Do It Yourself e alla sperimentazione creativa di nuove forme espressive individuali.

Tom Dixon, all’epoca bassista in cerca di fama, si ritrova improvvisamente con una gamba rotta e un mucchio di tempo a disposizione in seguito ad un incidente motociclistico che lo costringe ad abbandonare la sua band.

Non avendo altro da fare, Tom passa intere giornate in garage tentando di riparare da solo la sua moto e poiché deve arrangiarsi per rimetterne insieme i pezzi inizia ad appassionarsi alle tecniche della saldatura, tanto da trasformarsi in breve tempo in un designer assolutamente autodidatta. 

 

I really didn’t much like the Sex Pistols, they were aggressive and confrontational. But, I do have to admit their influence. They taught a whole generation that you didn’t need a certificate to practice or a degree to be successful. Tom Dixon

 

Forse non era un punk a tutti gli effetti, ma la lezione di indipendenza appresa dai Pistols si riversò inevitabilmente in tutte le sue sperimentazioni successive: la mancanza di esperienza e di costrizioni professionali, unite ad un atteggiamento indubbiamente un po’ naif e dilettantesco, gli permisero di condurre la sua personale ricerca costruendo un codice estetico unico e innovativo, errore dopo errore.

Errori da cui prese però vita anche la celebre S Chair prodotta da Cappellini.

 

tom dixon

Molti anni più tardi, l’amico e designer milanese Fabio Novembre – il genere di esperto che ama molto la discussione teorica sul design – definirà Dixon un “designer vertebrato”, riferendosi al suo instancabile interesse nell’indagine strutturale delle cose, al loro esoscheletro e non tanto alla forma finale che assumeranno: la superficie, la pelle che le ricoprerà sarà sempre una conseguenza della loro struttura “ossea”.

Col tempo, Dixon scoprirà poi che a rendere un oggetto iconico non è quasi mai solo la sua funzionalità, ma piuttosto una silhouette originale e riconoscibile, una forma che esprima una personalità precisamente definita e tale da sopravvivere al mondo aggressivamente competitivo del product design: ogni suo oggetto, oltre ad essere pratico, avrà pertanto il carattere distintivo di una “scultura domestica”. 

Un designer che si rispetti però, alla maniera di Verner Panton, non può solo interessarsi allo sviluppo delle forme, bensì all’intero processo produttivo – il che implica lo studio di nuovi materiali e soluzioni tecnologiche, l’ingegnerizzazione e il marketing, oltre alla fase inventiva preliminare.

Eppure, le ispirazioni che hanno suggerito a Dixon le idee per realizzare i 150 oggetti di design raccontati nella sua recentissima monografia – non a caso intitolata Dixonary – sono state tante e davvero incredibili: 30 anni di ispirazione colta in tutto ciò che ha solleticato la sua curiosità, durante i suoi viaggi per il mondo e il suo lavoro prima per Habitat e poi per Artek, l’intramontabile azienda d’arredamento finlandese fondata da Alvar Aalto di cui è tuttora Creative Director.

 

tom dixon Così la Plump Chair scaturisce dalla visione paffuta di un maialino ritratto in un antico dipinto, lo strano connubio di eleganza e goffezza della Felt Lamp ricorda la silhouette di un fenicottero, la scintillante armatura della Copper Shade Lamp si ispira alla tuta spaziale di un astronauta, e una barriera marittima in cemento vista sulle coste del Giappone diventa la complessa e geometrica Jack Light, ormai pezzo di culto.

E il futuro? Ci sono ancora molti giocattoli da disegnare, e teiere e tostapani, aeroplani, case e ogni tipo di oggetto di uso domestico che non è ancora stato sperimentato. C’è un mondo illimitato di cose, là fuori, che Tom Dixon sta già pensando di reinventare…

 

Sito ufficiale

tomdixon.net

Dixonary 

dixonary tom dixon

 

tom dixonIn molti sono convinti che le coincidenze non esistano. E in effetti, considerato il modo in cui ha avuto inizio la carriera di Tom Dixon (Tunisia, 1959), a dir poco una leggenda nel mondo del design, ci si potrebbe definitivamente convincere che nulla accade per caso.

Era il 1983, e Londra in piena era post-punk ancora respirava un’atmosfera fortemente influenzata dall’esempio ribelle dei Sex Pistols, con l’ormai serpeggiante attitudine al Do It Yourself e alla sperimentazione creativa di nuove forme espressive individuali.

Tom Dixon, all’epoca bassista in cerca di fama, si ritrova improvvisamente con una gamba rotta e un mucchio di tempo a disposizione in seguito ad un incidente motociclistico che lo costringe ad abbandonare la sua band.

Non avendo altro da fare, Tom passa intere giornate in garage tentando di riparare da solo la sua moto e poiché deve arrangiarsi per rimetterne insieme i pezzi inizia ad appassionarsi alle tecniche della saldatura, tanto da trasformarsi in breve tempo in un designer assolutamente autodidatta. 

 

I really didn’t much like the Sex Pistols, they were aggressive and confrontational. But, I do have to admit their influence. They taught a whole generation that you didn’t need a certificate to practice or a degree to be successful. Tom Dixon

 

Forse non era un punk a tutti gli effetti, ma la lezione di indipendenza appresa dai Pistols si riversò inevitabilmente in tutte le sue sperimentazioni successive: la mancanza di esperienza e di costrizioni professionali, unite ad un atteggiamento indubbiamente un po’ naif e dilettantesco, gli permisero di condurre la sua personale ricerca costruendo un codice estetico unico e innovativo, errore dopo errore.

Errori da cui prese però vita anche la celebre S Chair prodotta da Cappellini.

 

tom dixon

Molti anni più tardi, l’amico e designer milanese Fabio Novembre – il genere di esperto che ama molto la discussione teorica sul design – definirà Dixon un “designer vertebrato”, riferendosi al suo instancabile interesse nell’indagine strutturale delle cose, al loro esoscheletro e non tanto alla forma finale che assumeranno: la superficie, la pelle che le ricoprerà sarà sempre una conseguenza della loro struttura “ossea”.

Col tempo, Dixon scoprirà poi che a rendere un oggetto iconico non è quasi mai solo la sua funzionalità, ma piuttosto una silhouette originale e riconoscibile, una forma che esprima una personalità precisamente definita e tale da sopravvivere al mondo aggressivamente competitivo del product design: ogni suo oggetto, oltre ad essere pratico, avrà pertanto il carattere distintivo di una “scultura domestica”. 

Un designer che si rispetti però, alla maniera di Verner Panton, non può solo interessarsi allo sviluppo delle forme, bensì all’intero processo produttivo – il che implica lo studio di nuovi materiali e soluzioni tecnologiche, l’ingegnerizzazione e il marketing, oltre alla fase inventiva preliminare.

Eppure, le ispirazioni che hanno suggerito a Dixon le idee per realizzare i 150 oggetti di design raccontati nella sua recentissima monografia – non a caso intitolata Dixonary – sono state tante e davvero incredibili: 30 anni di ispirazione colta in tutto ciò che ha solleticato la sua curiosità, durante i suoi viaggi per il mondo e il suo lavoro prima per Habitat e poi per Artek, l’intramontabile azienda d’arredamento finlandese fondata da Alvar Aalto di cui è tuttora Creative Director.

 

tom dixon Così la Plump Chair scaturisce dalla visione paffuta di un maialino ritratto in un antico dipinto, lo strano connubio di eleganza e goffezza della Felt Lamp ricorda la silhouette di un fenicottero, la scintillante armatura della Copper Shade Lamp si ispira alla tuta spaziale di un astronauta, e una barriera marittima in cemento vista sulle coste del Giappone diventa la complessa e geometrica Jack Light, ormai pezzo di culto.

E il futuro? Ci sono ancora molti giocattoli da disegnare, e teiere e tostapani, aeroplani, case e ogni tipo di oggetto di uso domestico che non è ancora stato sperimentato. C’è un mondo illimitato di cose, là fuori, che Tom Dixon sta già pensando di reinventare…

 

Sito ufficiale

tomdixon.net

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