Piccola storia del Film Title Design 20 Maggio 2012 – Pubblicato in: imperfezioni

Title Sequence

Dal Film muto all’avvento della Computer Graphics, il modo di concepire il title design nella settima arte ha subito evoluzioni inaspettate. In questa breve overview, vi proponiamo alcune tappe salienti della sua affascinante storia, dagli anni ‘20 ad oggi.

 

La tecnica del film title design fa la sua prima, rudimentale apparizione all’interno dei primi film muti e in special modo attorno al 1920, svolgendo un ruolo nodale a sostegno della continuità narrativa nella sequenza delle immagini proiettate. Il ruolo dei titoli di testa, tuttavia, resta inizialmente confinato all’arida comunicazione del copyright di produzione, insieme all’elenco di cast e troupe; pertanto la consuetudine dei proiezionisti è quella di occultare lo schermo al pubblico fino all’inizio del film vero e proprio.

Col progredire delle tecniche cinematografiche e l’arrivo del sonoro (1927), inizia ad emergere un maggiore interesse per lo stile dei caratteri tipografici impiegati. Ma anche più tardi, le migliorie introdotte non saranno sufficienti a contrastare l’incalzante concorrenza della TV.

 

È così che, nel 1950, irrompono sulla scena hollywoodiana alcuni outsiders del graphic design estranei alle logiche produttive degli Studios. A loro registi indipendenti  del calibro di Otto Preminger, Alfred Hitchcock, Blake Edwards e Stanley Donen si rivolgono per rendere sorprendenti le sequenze dei titoli di testa delle loro produzioni.

Figure pioneristiche come Saul Bass, Pablo Ferro, Maurice Binder e Richard Williams spezzano la routine cinematografica con idee innovative e sperimentali e catturano con grande astuzia l’attenzione del pubblico. I titoli di testa diventano così l’irresistibile preludio che riassume il concept della trama, fornendo indizi eloquenti sull’atmosfera che caratterizzerà l’intero film.

Con le innovazioni introdotte in primo luogo da Saul Bass – per un approfondimento leggi il post “Chi era Saul Bass?” a lui dedicato da Imperfect – il titolo principale inizia ad essere trattato con la logica di un vero e proprio logotipo, elemento cardine attorno a cui ruoterà l’intera grafica associata al film, come nell’approccio adottato nel marketing di altri tipi di prodotti. Inoltre, in questa nuova fase d’interazione con le immagini in movimento, la tipografia si arricchirà di significato e non verrà relegata a un ruolo di secondo piano: la scelta del font sarà basilare per esprimere l’ambientazione del racconto per immagini.

 

Di opening titles rimasti nella storia del cinema hollywoodiano, realizzati tra gli anni ’50 e ’70, potremmo citarne davvero molti: valgano per tutti esempi come Vertigo (Saul Bass, 1958),  007 – Dr. No (Maurice Binder, 1962), Charade (Stanley Donen, 1963) – di cui tra l’altro sono eccezionali anche le colonne sonore.

 

L’ERA DIGITALE E I TREND ATTUALI

Fino alla metà degli anni ’90, un designer poteva apprendere la sofisticata arte dei film titles solo attraverso il learning-by-doing. Inevitabile era il continuo riferimento ai maestri del passato, nel tentativo di seguire le loro orme e progredire con nuove tecniche e inaspettati colpi di scena.

Ma nel 1995, le singolari sequenze dinamiche ideate da Kyle Cooper per il film Se7en, segnano un nuovo inizio: è l’era digitale, che con le sue straordinarie tecnologie alla portata di tutti adombrerà le tecniche tradizionali aprendo la strada alla geniale ed esplosiva creatività della next generation, contribuendo a rendere meno netta la linea di confine tra film maker e designer. Cooper, in un’intervista, si dichiarerà tuttavia propenso a dare spazio ad una sperimentazione più spontanea e meno computerizzata, perché non si può eguagliare il fascino delle imperfezioni introdotte dall’intervento umano.

In Se7en, le immagini pulsanti e le scritte sfocate e incerte, provenienti dal buio ed enigmatico subconscio di un serial killer, creano un’indimenticabile e inquietante sequenza d’apertura, decretata dal NY Times Magazine come la più importante innovazione degli anni ’90.

 

Se7en

L’uso della computer graphics darà vita, in seguito, a un’incredibile serie di opening titles sempre più accattivanti, di cui potremmo citare qui alcuni splendidi esempi:

  • la sequenza iniziale di Fight Club (David Fincher, 1999), intrisa di atmosfere post-punk ed un Sant Serif di tutto rispetto, ci porta dal “fear center” nel cervello di Edward Norton, per i centri nervosi e i paesaggi microscopici della sua pelle, fino alla canna di una Smith and Wesson 4506, puntata dritta nella sua bocca. Paura e dolore, causa ed effetto: i temi cardine dell’intero film.
  • nel bellissimo Snatch (Guy Ritchie, 2000) ammiriamo una sequenza introduttiva più unica che rara, che con la sua estrema fluidità riesce a presentare non solo i caratteri (e non gli attori) che daranno vita alla storia cui stiamo per assistere, ma anche le loro imprevedibili connessioni.

Il film title design si è dunque evoluto parallelamente all’industria cinematografica, non senza influenze e pressioni da parte dei trend tecnologici e sociali più in voga. Ciò che resta immutabile, oggi come allora, è comunque la qualità della ricerca profusa dagli esperti del settore e il ruolo dei titoli come parte essenziale del racconto filmico.

 

 

 

Link di approfondimento:

The Art of the Title Sequence 

Forget the Film, Watch the Titles

Taking Credit: Film Title Sequences, 1955–1965

 

Img Credits: http://llywarch.wordpress.com/



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