Colori che sporcano le idee 10 Agosto 2012 – Pubblicato in: interferenze
Un progetto multiforme quello ideato per il concept album “Canzoni per un figlio”. I Marlene Kuntz intrecciano la loro creatività con le suggestioni oniriche di Marco Cazzato, sporcando pensieri e testi con colori enigmatici, lungo tre percorsi tra loro strettamente correlati. Le interferenze di Cazzato e Godano ci svelano qualcosa di più…
Verde, bianco e nero come forme di pensiero. Sono i toni scelti da Marco Cazzato a intersecare l’ intensa (e controversa) musicalità dei Marlene Kuntz, in una delicata riflessione sulla vita che un padre dedica a suo figlio.
Verde | Rami di pensiero | Nutro spesso più rispetto per un albero che per alcuni esseri umani. MC
Corpose pennellate di colore, cariche di tonalità intimiste e surreali, lasciano segni imprecisi sulla carta. Nell’ipnotica illustrazione pensata per la nuova cover art dei Marlene Kuntz, due figure narrate da lontano con sensibilità e discrezione, affondano le proprie radici nel terreno nero e solido del passato, unico elemento che lega in profondità padre e figlio. Un legame transitorio su cui incombe, come una grande incognita, l’ombra verde degli ostacoli futuri da affrontare. Tra gli alberi, il bianco sporco di infinite incertezze.
I: Nella tua personale visione, racconti spesso una natura silenziosa e protettiva. Invece qui assistiamo a quella che sembrerebbe una temporanea inversione di senso. Gli alberi sullo sfondo nascondono davvero un’insidia inevitabile? O al contrario sono una presenza rassicurante, come quella del padre?
MC: L’idea di base dell’album è un messaggio da lasciare ai nostri figli. Penso che insegnare il valore della bellezza alle generazioni future sia molto importante: saperla riconoscere, proteggerla e divulgarla. La bellezza di un bosco racchiude in sè la vita e la morte, la crescita, la diversità, la condivisione, il tempo e lo spazio e certamente anche qualche pericolo, ma indubbiamente ha per me un significato positivo.
Bianco | Tra gli alberi, le idee | La luce che filtra tra i rami disegna i contorni di ogni cosa e ne proietta l’ombra. L’ombra di un albero non è un albero, è l’idea di un albero. MC
Il profumo del bosco, i pioppi, la terra. Appese sugli alberi alcune tele. Poi ancora colori, carta, pennelli e un cavalletto per dipingere. Poco più in là, una stanza trasformata in un pioppeto. Quaranta opere appese in esposizione su altrettanti pioppi. Tra tutte spicca misteriosa una maschera che riproduce la testa di un corvo. Il Bosco nella Stanza- La Stanza nel Bosco (Collisioni 2012) è stato l’incontro di due luoghi ideali che, penetrando le loro reciproche consistenze, hanno cercato di invertire temporaneamente i riferimenti sensoriali di chi ci si è imbattuto. Una mostra piuttosto singolare.
I: Se il bosco di solito viene percepito come un luogo in cui non ci si sente al sicuro, in cui ci si può perdere, dalle tue opere sembra emergere una realtà differente. Quale significato assumono gli alberi nel tuo mondo interiore?
MC: Vivo in mezzo a un pioppeto, gli alberi sono il mio paesaggio quotidiano ed indubbiamente hanno influenzato il mio immaginario. Sin da bambino ho sempre amato perdermi nei boschi: in un bosco mi sento a casa.
I: In questa stanza simbolica l’idea che si percepisce è che tu voglia in qualche modo proteggere l’arte da un pericolo indefinito e invisibile. Quale pensi che potrebbe essere?
MC: Come dicevo prima, la bellezza va protetta, ma per farlo bisogna riconoscerla. Portare un bosco in una stanza è come mettere un faggio al museo del Louvre: spesso le persone hanno bisogno di vedere le cose fuori dal loro contesto naturale per leggerne le sfumature più profonde.
Nero | Underground | Il nero del corvo spicca in mezzo al campo come il mio abito scuro tra una folla colorata. A chi mi dice “cupo” rispondo che dovrebbe temere molto di più i colori sgargianti del clown di Mc Donald. MC
Ideato da Cazzato, il video per il brano Il Partigiano ci proietta nelle tipiche atmosfere oniriche delle sue opere. I personaggi si muovono lentamente, i piedi che affondano saldi nella realtà. Ma i pensieri possono concretizzarsi in forme d’arte, scorrendo silenziose e libere accanto al vibrante concetto del resistere. In questo spazio surreale non tutto è come appare. Neppure l’assenza di aggressività nella voce di Cristiano Godano o nelle sonorità dei Marlene Kuntz sembrerebbe reale. Nella dimensione intima dei suoni la rabbia di un tempo ha cambiato forma, ma è ancora percepibile.
Una forza sotterranea, invisibile, che dà ulteriore spessore ai pensieri.
I: La critica più diffusa nei confronti dei Marlene Kuntz, negli ultimi tempi, riguarda la loro perduta carica aggressiva. È davvero scomparsa del tutto quella forza graffiante che li aveva contraddistinti in passato?
CG: Questo argomento sui Marlene non più rabbiosi c’è da tempo e, francamente, la cosa che più mi stupisce è l’ostinazione con cui permane: ci sarebbe da analizzare questo tipo di fenomeno, più che altro. Io non posso ammettere che la buona musica sia rabbiosa: c’è davvero troppa roba in giro, attuale e no, che dimostra che non esiste solo il sentimento incazzoso per fare buone cose. Esistono sfumature diverse nella vita, e il non saperlo cogliere può riguardare un ragazzino, non una persona adulta che cresce in maniera non idiota.
Se poi invece si parla di tensione sotterranea, come scrivi tu, quella c’è sempre stata: è la tensione che non ci permette di essere pop o commerciali come i superficiali credono. I nostri dischi continuano a richiedere tutta la pazienza che serve per poter essere compresi, perché sono tesi, complessi, introspettivi a volte, turbati, poetici nel senso non sminuente del termine.
Un qualsiasi pezzo di Nevermind dei Nirvana, per fare un esempio eclatante, è tanto rabbioso e distorto quanto immediato nella fruizione. Quella sì che è musica pop (perché per pop si intende popular, ovvero popolare) e infatti Nevermind vendette milionate di copie. E al riguardo: il nostro disco più pop, quello che ha venduto di più, è il nostro primo, quello che mette d’accordo tutti, critichini e fans duraturi… Catartica. Quindi?
I: Quali tracce interiori ha lasciato in te l’aggressività espressa nel precedente percorso musicale del gruppo? Che tipo di metamorfosi, forse non visibile a tutti, credi abbia subito nel tempo?
CG: Gli stessi Nirvana, sempre per tener vivo l’esempio fatto, fecero un unplugged tutt’altro che rabbioso. Diffido di chi è rabbioso sempre nelle sue musiche: o si è di fronte a una patologia (che so, un disadattato misantropo in lotta perenne contro tutto e contro tutti, anche a 50 anni e più) o si è di fronte a un calcolo: della serie “so che se faccio così vendo di più, per cui mantengo un certo stile”. A volte, ad esempio, mi chiedo i metallari sempre incazzosi cosa abbiano da raccontare nei loro testi che da sempre e per sempre devono adeguarsi a un tenore musicale urlato e esasperato…
Per cui: la mia rabbia giovanile si è stemperata nei mille riflessi che una superficie sfaccettata e brillante colpita dal sole (un prisma… un diamante…) emana.
(Imperfect ringrazia M. Cazzato e C. Godano per le loro preziose interferenze).
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Image credits
(1), (2) © Fulvio Silvestri – (3) Caffè Boglione – Immagine principale + (5) © Alessandro Astegiano – (6) © Flavio Nanni, Marco Cazzato, Marlene Kuntz
3 Commenti
marta Agosto 13, 2012 - 00:26
ero stata informata da amici di amici di questo articolo e anche in vacanza non ho resistito dal collegarmi ad internet per leggerlo!!!!!! bello!
ILARIA Agosto 17, 2012 - 17:40
Complimenti alla penna!
Silvia Agosto 20, 2012 - 10:43
Cristiano, cito a memoria un autore a te caro, “sei un cristallo fra tanti vetri, una sfera fra tanti cerchi”.