Il mondo di mezzo dell’indaco 25 Gennaio 2019 – Pubblicato in: imperfezioni

Avete presente quando ci sentiamo spenti, un po’ persi perché non riusciamo a trovare il nostro posto nel mondo o semplicemente non troviamo l’ispirazione giusta? Ecco, se pensiamo al colore indaco tutto dovrebbe tornare alla normalità, il cosmo dovrebbe allinearsi e una pace interiore prendere il sopravvento. Un passo alla volta però.

 

Chiudiamo gli occhi. Un bel respiro e pensiamo all’indaco

Oggi non mi sentivo ispirata. Mi hanno detto “chiudi gli occhi, non pensare, prendi un lungo respiro, prova a far confluire le tue energie in un punto e pensa al colore indaco”. A quel punto, prima di iniziare la procedura, ho chiesto il perché della scelta di questo colore e mi hanno spiegato quanto sopra.
L’indaco è un colore ibrido, non si può catalogare in una scala precisa, non è viola e nemmeno azzurro: è un mix di entrambi, la perfetta miscellanea e sincronia di sfumature. Vi dirò, sono molto scettica quando si tratta di spiritualità, ma dato che mi sentivo inquieta ci ho provato.
Dopo la spiegazione ho chiuso gli occhi, ho preso un bel respiro e ho iniziato a pensare a questa nuance particolare. Non chiedetemi come, ma ho ritrovato una tranquillità interiore che mi ha letteralmente spento qualsiasi pensiero negativo.

 

Le bleu n’a pas de dimension, il est hors dimension, tandis que les autres couleurs, elles, en ont. Ce sont des espaces pré-psychologiques… (Yves Klein)

Trad. “Il blu non ha dimensione, è fuori misura, mentre gli altri colori ce l’hanno. Sono degli spazi pre-psicologici…”

Simbologia di un colore

In ambito spirituale, l’indaco rappresenta il terzo occhio ed è associato al sesto chakra, il più importante, quello della meditazione. Cerco di essere il più generica possibile perché l’olistica e cromoterapia non sono di mia competenza, però a quanto pare, chi ama questo colore è riservato, tende a rifugiarsi nel proprio mondo ed è leggermente insicuro.
Non solo, chi predilige questo tono, ha un forte occhio critico verso la realtà circostante: ci vuole una ferrea consapevolezza di sé, un equilibrio per riuscire a vedere con chiarezza. Inoltre, l’indaco nella cromoterapia è utilizzato per riacquistare elasticità, tonicità, stimolazione cutanea, lucidità e intuito.

È chiamato anche il colore della mezzanotte, quando il momento più luminoso del giorno si oppone a quello più scuro.

Un mondo di colore indaco: viaggio tra passato e presente

Un colore tra passato e presente

L’indaco deve il suo nome dal fatto che il paese che storicamente produceva questo colore di origine vegetale era l’India. In tempi antichi la sua reperibilità non era così semplice, si otteneva dalla fermentazione delle foglie di Indigofera Tinctoria e Isatis Tinctoria (detta guado), descritto nei testi dei viaggiatori come “arboscello” o “erba somigliante alla porcellana” nei pressi del monte Sinai.

Ne parla Marco Polo:

 

“Cresce colà (…) una certa erba, della quale si fa un colore di grande uso nella tintura volgarmente detto endico.” Quell’erba prima di tutto si humectatur (cioè si fa macerare) in vasi pieni di acqua; quindi torrefatti al sole, si divide in minute parti (…) e così a noi di spedisce.”

Testimonianze ben più antiche ci parlano della diffusione dell’indaco naturale e della sua preziosità (tessuti indaco sono stati ritrovati nelle tombe egizie e nelle sepolture di epoca precolombiana) nelle Indie, Guatemala, Giava, Medio Oriente e Nord Africa mentre in Europa ha la sua massima diffusione solo in epoca tardo Medioevale. Dopo la rivoluzione, la Francia e l’Italia si organizzarono per produrre indaco in autonomia, coltivandola guado europeo.

Lo sapevate che l’espressione “paese della cuccagna” deriva proprio dalla prosperità delle zone della turingia e i territori occitani intorno a Tolosa? I coques o cocagnes erano i pani di pasta tintoria pronti per la vendita!

Oggi l’indaco naturale è usato molto poco, sostituito a fine ‘800 dall’indaco sintetico. Il chimico tedesco Adolf von Baeyer ne studiò per ben 17 anni la sintesi chimica, che gli valse il Premio Nobel nel 1905 per i suoi studi sulle sostanze coloranti e sui composti aromatici.

Un mondo di colore indaco: viaggio tra passato e presente

RORAN GIA VER CEL INDA VIO

Rosso, arancio, giallo, verde, azzurro, indaco e viola. Newton chiamò questa sequenza di colori “spettro solare”, noi lo chiamiamo più semplicemente arcobaleno. Ecco, l’indaco è il colore che si trova in fondo all’arcobaleno, non è più azzurro ma nemmeno viola…

Nello spettro dei colori non ha una propria “casa”. Si trova lì, tra un colore e l’altro, forse un po’ fuori dal mondo. Difficile da acchiappare, contiene in natura tante sfumature non sempre riproducibili, è uno degli ultimi colori che l’uomo è in grado di vedere, il penultimo dopo il violetto che ha la frequenza più alta (lunghezza d’onda compresa tra i 450 e 475 nanomenti). Per ottenerlo in quadricromia si mescolano 100% ciano e 100% magenta.

Se cercare l’indaco in natura o negli esempi del mondo dell’arte (penso ai dipinti di Rubens e Vermeer, o la ricerca monocromatica di Yves Klein) vi sembra lontano, forse la cosa più semplice è guardarvi addosso: sì, perché l’indaco ha dato colore ai nostri amati jeans denim. Pensate che ogni anno vengono prodotti oltre 20 milioni di tonnellate di indaco solo per questo scopo!

Avete mai provato a fotografare il cielo al crepuscolo? Non è semplice catturare l’indaco e le sue sfumature. L’unico consiglio che posso darvi è di cogliere l’attimo esatto in cui il sole si avvicina al suo calare, all’orizzonte. Più la nostra stella è lontana, più il cielo si fa scuro.

Che l’unico modo per raggiungere l’indaco sia tenerlo a distanza?



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