Dots Obsession 3 Dicembre 2013 – Pubblicato in: imperfezioni
Nel 1939, alla fragile età di 10 anni, Yayoi Kusama elaborava un misterioso disegno in cui una donna giapponese in kimono, presumibilmente la figura materna, appariva completamente obliterata da una serie di pois.
Lo scarabocchio sintetizzava in pochi elementi quella che era stata la sua prima allucinazione nevrotica, scatenata dal pattern floreale di una tovaglia: improvvisamente Yayoi si era resa conto che il medesimo motivo ricopriva soffitto, finestre e pareti della stanza, il suo corpo e tutto ciò che la circondava. Iniziò a sentirsi realmente svanire nell’immensità dell’universo, ridotta a un nulla.
I fiori si rivolgevano a lei con voce umana e, nel timore che la inghiottissero, fuggì via spaventata.
Le allucinazioni, visive e uditive, furono più tardi attribuite a un disturbo noto come “sindrome di depersonalizzazione”, una sorta di scissione percettiva dal proprio corpo e dai propri processi mentali.
Yayoi proveniva da una venerabile e severa famiglia di floricoltori giapponesi, a causa della quale la sua infanzia era stata segnata da un’educazione oppressiva, nonché dai ripetuti e perversi abusi sessuali materni.
Nella piena consapevolezza della sua vulnerabilità, il linguaggio dell’arte divenne per lei terapeutico, l’unico modo per poter sopravvivere ai continui episodi depressivi e allucinatori, e ai pensieri suicidi: l’ossessività compulsiva con la quale disegnava era espressione del desiderio di sfuggire ai traumi psicologici di cui era stata vittima.
La sua avventura artistica prese forma in modo definitivo intorno agli anni ’60, quando Yayoi terminati gli studi lasciò Kyoto per trasferirsi a New York e immergersi nell’attraente atmosfera sperimentale di quegli anni.
Yayoi Kusama era inevitabilmente anomala e strideva con l’ambiente newyorkese intriso di preconcetti – la vera arte era un retaggio maschile e occidentale – senza contare la sua visione inconsueta influenzata dalla malattia mentale.
Eppure, il suo essere costantemente in bilico tra genio e follia, la sua caparbietà e le forme elementari attorno a cui iniziò a sviluppare l’estetica della sua arte, apparentemente minimalista ma di una estrema complessità concettuale, le consentirono di sconvolgere il dibattito estetico negli Stati Uniti e via via in tutto il mondo, attirando l’attenzione di artisti del calibro di Andy Warhol e Lucio Fontana.
Quel suo mondo metafisico, psichedelico e puntiforme divenne precursore del Minimalismo e della Pop Art, contribuendo a definire le basi dell’arte contemporanea e anticipando l’uso di installazioni interattive ed esperienze immersive per rendere lo spettatore parte integrante dell’opera. Tramite l’abitudine maniacale di associare sempre la sua presenza ad ogni sua nuova creazione, Yayoi rafforzò l’immagine della creatività femminile nel mondo dell’arte.
Dalle Infnity Net (tele lunghe decine di metri), alle provocatorie performance di protesta che implicavano la nudità in pubblico; dalle Accumulations – sculture con chiari riferimenti sessuali create nel tentativo di esorcizzare i demoni interiori e l’avversione per il sesso – alle Infinity Rooms in cui, tramite l’uso di specchi che moltiplicano all’infinito lo spazio, Yayoi comunica il senso di interconnessione tra l’uomo e l’infinito, annullando qualunque tipo di distinzione che gli impedisca di percepirsi come parte del tutto. Alla prolifica arte psicosomatica di Yayoi Kusama e alla sua Dots Obsession è oggi attribuito, in un crescendo di notorietà che dura da otto decadi, un inestimabile valore storico.
Il suo universo surreale popolato da pois, nervi biomorfi, zucche, occhi alieni e giganteschi fiori colorati, continua ad essere indefinitamente oggetto di retrospettive celebrate nei musei più importanti del mondo, e curiosamente a influenzare (come già in passato con Issey Miyake) il mondo della moda: è ancora viva l’eco della recente installazione creata per il pop-up store della maison Louis Vuitton e della collezione limited edition che reinterpreta il simbolico pattern a pois.
Dal 1977, Yayoi Kusama risiede per sua scelta in una clinica psichiatrica a due passi dalla quale ha stabilito il suo studio ed è attualmente costretta su una sedia a rotelle: naturalmente ricoperta di infiniti pois…
My life is a dot: that is, one of a million particles. A white net of nothingness composed of an astronomical aggregation of connected dots will obliterate me and others, and the whole of the universe. (Yayoi Kusama)
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