Se una notte d’estate, un pescatore 21 Aprile 2016 – Pubblicato in: imperfezioni

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Una sera, osservando un gruppo di pescatori indiani impegnati a intrecciare le loro reti, Janet Echelman ne fu affascinata a tal punto da chiedersi se la struttura di una rete poteva essere il presupposto per un nuovo approccio alla scultura: un modo per creare una forma volumetrica, senza ricorrere alla pesantezza dei materiali solidi normalmente usati.

Nel 1987, la giovane Janet Echelman si era trasferita a Hong Kong per intraprendere la carriera artistica. Il primo tassello del suo percorso sarebbe stato lo studio delle antiche tecniche cinesi di pittura e calligrafia. In seguito, si trasferì per un certo periodo a Bali, in Indonesia, dove si dedicò – affiancata da alcuni artigiani del luogo – alla commistione sperimentale di tradizionali metodi tessili e pittura contemporanea.

La sua esperienza asiatica, tuttavia, fu bruscamente interrotta da un incendio che distrusse la casa di bambù dove abitava, incidente imprevisto che la costrinse prematuramente a fare ritorno negli Stati Uniti, per insegnare ad Harvard e abbandonare temporaneamente il campo della ricerca.

Le ci vollero ben sette anni per riuscire a tornare in Asia, in India per l’esattezza, grazie a una cattedra finanziata dal progetto Fullbright. L’idea era quella di dedicarsi ancora alla pittura, organizzando mostre d’arte in tutto il Paese, e a tale scopo, Janet spedì i suoi dipinti a Mahabalipuram, un villaggio di pescatori anche noto per le sue preziose sculture.

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Il destino, ancora una volta, impose una deviazione alle sue intenzioni: le sue tele andarono perdute e non giunsero mai a destinazione. Janet non si dette per vinta, e decise di guardarsi intorno per rubare qualche idea alle tradizioni locali. Inizialmente, provò a realizzare sculture in bronzo, ma si rese conto che il materiale era troppo pesante e implicava un costo troppo arduo per le sue tasche.

Poi una sera, osservando un gruppo di pescatori del villaggio intenti a lavorare con le proprie reti, ebbe quella semplice intuizione che, inaspettatamente, sarebbe stata la svolta decisiva per la sua futura produzione artistica. Con l’aiuto dei pescatori della zona, nei mesi successivi, realizzò una serie di sculture ottenute sollevando le reti su strutture di pali, ponendo in luce la mutevole capacità delle loro superfici delicate di rivelare ogni singola increspatura del vento.

Ancora oggi, le installazioni di Janet Echelman – siano essi esperimenti d’arte temporanea o progetti permanenti – traggono la loro ispirazione da un’antica artigianalità ormai dimenticata, interconnessa e resa attuale da tecnologie avanzate e ricerche scientifiche in continua evoluzione.

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Con un ampia gamma di materiali che si estende dalle leggere reti di fibra in tessuto alle particelle d’acqua nebulizzate, e avvalendosi della professionalità di un variegato team composto da ingegneri aeronautici e meccanici, architetti, lighting designers e tecnici esperti del settore, Janet è in grado di concepire pezzi d’arte che respirano come creature viventi, in risposta alle forze della natura, interagendo fluidamente con l’acqua, il vento e la luce solare.

Combinando sapientemente forma e significato, la Echelman si sforza di strutturare sculture esperenziali che possano modificare l’essenza degli spazi urbani metropolitani, e il modo in cui solitamente interagiamo con l’ambiente naturale circostante. Ognuno dei suoi progetti è intimamente legato al luogo dove sorge, tramite evidenti richiami ai materiali e alla cultura locale, e si pone l’obiettivo di suscitare una relazione dinamica con l’oggetto d’arte e una sua percezione più profonda.

L’uso di materiali morbidi consente alle sue ipnotiche sculture di acquisire una fluidità di movimento che appare in netto contrasto con le rigide superfici delle architetture urbane in cui sono immerse. La scelta di colori vibranti anima la scultura lasciandola pulsare ritmicamente ad ogni soffio di vento, generando una incantevole coreografia di onde colorate.

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Di notte, poi, la scultura prende vita e sulla sua intricata superficie vengono proiettate miscele di luci colorate che, con un gioco di ombre dall’effetto intenso e drammatico, contribuiscono a ricreare un’atmosfera quasi teatrale nell’ambiente interessato dall’installazione.

Talvolta, alcuni sensori elettronici consentono una inaspettata interazione con i suoni emessi dai visitatori, tanto da permettere a movimenti e rumori di eccitare la scultura suscitando lo stupore del pubblico, e reagendo ad esso in modo speculare.

 

 

Sito ufficiale
echelman.com

Video
Janet Echelman



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